Dismorfofobia e omotossicologia iniettabile
La dismorfofobia si determina attraverso una percezione di sè errata e da una successiva interpretazione di tale percezione tale da suscitare paura. Lo sviluppo del sistema nervoso centrale attraversa una fase di notevole importanza tra la nascita e il sesto anno di età. In tale fase di sviluppo il soggetto integra più dati nel proprio sistema nervoso che nella successive fasi della vita. Una dell’acquisizioni maggiori è la distinzione tra il proprio corpo e quello della madre. Durante lo sviluppo nel ventre della madre, il corpo della madre è percepito come il mondo e non distinto dal proprio. Gli apprendimenti del sistema nervoso centrale avvengono quali tutti nel confronto con conflitti che il singolo è chiamato a risolvere in fasi previste nella fisiologia e che possono talvolta essere alterate da eventi conflittuali per massa e intensità superiori alle capacità del soggetto che cresce. La capacità di distinguere il proprio corpo dal corpo della madre è la prima tappa della percezione di aver un corpo individuale. La seconda tappa di questo processo è l’applicazione di tale scoperta a finalità egoistiche. Nella dismorfofobia il danno della alterata percezione del proprio corpo è pertanto da ricercare nel confronto con il corpo materno nei primi anni di vita. La piena applicazione a finalità egoistiche della percezione del proprio corpo avviene in genere con l’ adolescenza. Ogni conflitto nel raggiungimento di capacità biologiche desiderate dall’adolescente può diventare una paura giustificata con la insufficiente dotazione ricevuta. La forma più comune di questo tappa del comportamento è la richiesta di denaro ai genitori per far fronte a istanze di autosoddisfazione. In questa fase dell’ adolescenza una difficoltà nel procacciarsi il partner può nell’uomo essere attribuita alla percezione di aver ricevuto un pene di piccole dimensioni, nella donna un seno poco attraente. Si tratta solo di due esempi tra infinite possibilità. Nel caso singolo le attribuzioni possono essere anche opponenti quelle indicate e la sofferenza implicata sarebbe sempre una forma di di dismorfofobia .
La dismorfofobia è a tutti gli effetti il tentativo infantile di attribuire la colpa di un insuccesso alla dotazione ricevuta. Il vantaggio di tale strategia è certamente di essere sollevati dalla responsabilità, mentre lo svantaggio quello di non poter facilmente liberarsi del limiti che si è scelti. Il limite, la paura del limite e il desiderio di superarlo diventano a tutti gli effetti una notevole restrizione della libertà del paziente, tale da richiedere il più delle volte una terapia. La terapia convenzionale consiste nel migliore dei casi in psicoterapia. Spesso si preferisce la somministrazione di psicofarmaci, che quando somministrati senza associare almeno psicoterapia pongono un problema di corretta proporzione tra invasività delle terapia e sintomo espresso. Particolare attenzione deve essere posta in psicoterapia nella comprensione del “valore del sintomo” che, talvolta, può rappresentare un vantaggio secondario per il paziente. Forme evolventi di dismorfofobia, all’interno di una condizione psicotica richiedono invece tempestiva terapia con psicofarmaci , perchè nel malato psicotico si osserva una progressione pericolosa della dismorfofobia verso la apotemnofilia o desiderio di auto-amputazioni. L’ apotenmofila il paziente non è più da considerarsi dismorfofobico perchè non ha più paura ma odia patologicamente la parte di sé che ritiene imperfetta ed estranea, arrivando alla mutilazione dell’aspetto in cui si non si riconosce. Sia il dismorfofobico che ancor di più l’apotemnofilico devono essere tenuti lontani dagli ambulatori e sale chirurgiche del medico estetico. Intervenire su una percezione errata o su una psicosi con un atto di medicina estetica può aggravare il disturbo. Il sistema nervoso del paziente affetto non sarebbe facilmente predisposto ad accettare cambiamenti del proprio corpo anche quando desiderati.
L’omotossicologia iniettabile è certamente uno strumento da considerare in un trattamento integrato della dismorfofobia mentre è certamente non opportuna nella apotemnofilia psicotica. Il trattamento con omotossicologia iniettabile ottiene di regolarizzare il sistema neurovegetativo migliorando l’accettazione, Inoltre l ‘omotossicologia iniettabile modula la sindrome adattativa a stress connessa con la malattia, Gli effetti dell’omotossicologia iniettabile sono graduali, comportano un miglioramento della risposta adattativa del paziente e non sono alternativi a psicoterapia, ma si associano alla terapia con la parola. L’ omotossicologia iniettabile può contribuire a ridurre il fabbisogno di terapia maggiormente invasiva. L‘ omotossicologia iniettabile è uno strumento all’interno di una terapia di cui costituisce parte e che non sostituisce. L’ iscrizione presso l’ Ordine dei Medici e presso il registro dei medici che praticano sia l’omotossicologia , sia l’agopuntura sono una indicazione sulla qualità della formazione ricevuta dell’operatore. L’ omotossicologia iniettabile non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale. Al contrario l’ omotossicologia iniettabile stabilisce con esse una virtuosa sinergia e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, omotossicologia iniettabile a Roma